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Ci è molto piaciuto quanto Marco Dalla Valle, Presidente di Biblioterapia Italiana, ha espresso sulla figura del biblioterapista attraverso la sua newsletter; e ve lo riportiamo sul nostro spazio di Cultura è Salute

 

Una poltrona per due

La questione riguardante la passione per i libri come caratteristica essenziale per chi si occupa di biblioterapia è cosa complessa. Nella maggior parte delle discipline basta un certo interesse e un po’ di buona volontà per riuscire ad applicarle. Nel caso della biblioterapia è un po’ diverso. Per prima cosa ogni facilitatore biblioterapista costruisce la propria attività su se stesso. A parità di tecnica, ognuno vive i libri diversamente e perciò maneggia il materiale letterario a modo proprio. Questo è un valore aggiunto. Gli utenti possono appassionarsi alla conduzione di un biblioterapista, oppure preferiscono sperimentare conduzioni diverse. E queste conduzioni diverse nascono dalla passione per i libri di ognuno. Sicuramente c’è chi potrebbe applicare il minimo sindacale nell’utilizzare la biblioterapia. Se un giorno diventasse una tecnica utilizzata in una professione specifica, ad esempio gli insegnanti, tutti verrebbero preparati nelle università in modo obbligatorio e poi ognuno l’applicherebbe come sa fare, con tutti i limiti del caso. Ma oggi, con la necessità di esportare la disciplina in un mercato dei servizi altamente competitivo, il minimo sindacale non è sufficiente. La prima cosa che gli utenti percepiscono nel facilitatore biblioterapista è la sua passione. Quando manca, la conduzione diventa lenta e impacciata, chi ascolta non si sente coinvolto e tutto questo va a discapito del loro ritorno nel gruppo.

La lettura come creatività

La mia esperienza mi dice che serve essere creativi per poter esportare sul mercato la biblioterapia. E la prima fonte d’ispirazione creativa è la lettura. Servendosi poi del pensiero laterale, è possibile ideare laboratori nuovi e invitanti che attirano utenti vecchi e nuovi. Ma questa fonte d’ispirazione, ne sono certo, è possibile ottenerla solo se ami i libri e sai guardare oltre la semplice trama. Non stiamo parlando di un semplice processo creativo. Serve di più. Serve incrociare interesse per l’argomento con il tipo di scrittura, la descrizione della biografia dell’autore con la storia in cui è vissuto e in cui è ambientato il suo libro. E poi è necessario mettere in parallelo libri e autori diversi, generi letterari differenti tra loro che vanno a comporre un laboratorio contenente tutta una serie di suggestioni. Quelle suggestioni, quelle emozioni il biblioterapista deve essere in grado di farle sentire e deve essere capace di amplificarle, e lo può fare sentendole lui per primo. Ma se non riesce a percepire il piacere della lettura e dell’argomento, allora sarà in serie difficoltà.

Il piacere della lettura

È un assioma semplice e definitivo: chi ama leggere prova il piacere della lettura, chi non ama leggere, no. Per rendere chiaro il concetto, c’è da dire che se provi una volta il piacere della lettura poi diventi lettore inevitabilmente e cominci a leggere di più. Quindi, come puoi occuparti di biblioterapia se non sei un gran lettore e non conosci il piacere della lettura? Non stiamo parlando di concetti teorici che si trasmettono con l’insegnamento. Il piacere del libro si diffonde l’uno all’altro per contagio. E chi già conosce questo piacere, quando incontra chi lo possiede, entra subito in sintonia con lui. È attraverso tale sintonia che poi è possibile stabilire un rapporto produttivo tra utente e biblioterapista. Quando parliamo di piacere della lettura entriamo in una dimensione altamente sensoriale, una percezione interiore che potremmo paragonare al piacere sessuale, quindi non mediato dalla razionalità. Questo parallelismo ci aiuta a capire quanto sia impossibile pensare di lavorare con la biblioterapia utilizzando il solo studio e la sola razionalità.

La tirannia del tempo

E chi ha l’amore per i libri e non ha il tempo per leggerli? Pennac dice che non c’è scarsità di tempo che tenga quando si vuole leggere un libro. Ma è pur vero che la vita frenetica di oggi ci mette in difficoltà. Veramente c’è chi si trova nella condizione di voler leggere, ma essere talmente stanco da non riuscirci. Nella maggior parte dei casi, chi inizia a formarsi per rendere la biblioterapia una professione sta svolgendo parallelamente un’altra professione a tempo pieno, talvolta in un campo assolutamente differente e impegnando la maggior parte della giornata. È proprio qui che s’impone la necessità di essere amanti della lettura. Se ti capita in mano un libro lento e complicato, leggere diventa un’impresa titanica. Ma se trovi il libro di cui t’innamori, arrivi a non mangiare per finirlo, magari piangendo quando le settecento pagine sono terminate e volevi proseguissero. Non voglio dire che amando i libri e smettendo di mangiare si possono leggere tutti i libri che si vogliono, ma è vero il contrario: se non trovi lo slancio per leggere con passione, di libri non ne leggerai neppure uno. Non voglio semplificare troppo le cose. Serve organizzare il poco tempo a disposizione, riuscire a pianificare le proprie letture, tenere conto dei limiti di tempo e di lavoro. Ma solo se sei un folle che piange su un libro e ha provato l’adrenalina che si diffonde nel corpo durante la lettura di un libro puoi pensare di riuscire nonostante i limiti di tempo. È ovvio che chi ha più ore a propria disposizione è avvantaggiato. Ma questo vantaggio scompare e diventa un problema per chi non ama la lettura e tergiversa piuttosto di trascorrere alcune ore tra le pagine di un libro.

Per concludere

Può un veterinario non amare gli animali? Io credo di no e questo principio vale anche per la biblioterapia e i libri. Siamo troppo abituati a pensare alle attività intellettuali come qualcosa di mnemonico. I libri sono ancora visti come cosa da studiare e inconsciamente anche noi siamo vittime di questo preconcetto. Ma avventurarsi a lavorare con i libri significa esplorare un territorio con tutte le sue complessità in cui non manca la fatica, ma non manca neppure l’entusiasmo e la passione.

In un periodo di grosse fatiche sociali è sempre più forte l’esigenza di intervenire, ognuno di noi con i propri mezzi, nel campo della scuola dove i nostri giovani hanno bisogno di elementi di riferimento e di etica valoriale; ecco il punto di vista di Sonia Scarpante, Presidente dell'Associazione La cura di sè in un articolo che potete leggere cliccando qui 

 

📷 Photo Credit: Devin Avery on Unsplash

Una poesia che suscita profonde riflessioni intime e sociali, quella composta dalla Dottoressa Rossella Seller; ve la proponiamo su questo spazio e su La voce dei medici (qui)

 

 

Se si incontrassero amici e nemici
estranei gli uni agli altri
e una volta per tutte si parlassero,
non sarebbero poi migliori?
Se fosse uno stato inquieto della mente
la voce intrisa di accuse e di colpe,
se potessero dirsi del niente e del male
con facili aforismi i rimorsi
e sciogliere i nodi nel perdono.
E se di Spirito fossero intrise le gesta
con la chiara nudità che ascolta il profondo,
l’invidia del tuo sguardo potrebbe
reggere la mia felicità e insieme
offrire aiuto con generosa mano.
Quanto più sopportabile sarebbe il grido
che frulla incomprensibile nell’aria
senza nome, senza morte
inconsapevole estrema estasi
per le armonie infinite dell’universo-atomo.

Rossella Seller – Psichiatra

Il Dottor Gian Piero Sbaraglia, nostro ormai fedele contributore sul portale La voce dei Medici, ha voluto omaggiarci di un suo componimento dedicati a temi attualissimi: vaccini e tamponi...!

Lo riportiamo volentieri anche su Cultura è Salute, ma potete leggerlo anche cliccando qui 

 

La ballata dei vaccini e dei tamponi

 

Evviva! Ecco, il virus è sconfitto,
con i vaccini e con profitto.
Gli scienziati li han preparati,
e l’han subito inoculati,
a tutti quelli che li han voluti,
meno ai no-vax che non l’han creduti.
La prima dose da farsi subito,
la seconda a tempo debito,
e la booster raccomandata,
per difendersi dalla terza ondata,
nella speranza che la quarta
non metta la marcia e poi riparta.
Di vaccini ce ne son tanti,
e li posson fare tutti quanti,
dai bambini agli anziani,
con malattie, oppure sani,
anche se molti sono i furbetti,
che definendoli pericolosetti ,
ne rifiutano la somministrazione,
favorendo del virus l’espansione.
Però son pronti a far tamponi,
giorni e giorni, che caproni!,
come se con questo agire,
il coronavirus lo faran morire.
Però la colpa non è la loro,
ma dei sapienti che nel coro,
c’è chi dice che va bene
e vaccinarsi ci conviene,
mentre altri, più negativi,
dicon d’essere più riflessivi.
Fate poi la quarantena,
se non volete aver la pena,
che, incontrato un contagiato,
sotto al bar dove siete stato,
questi vi lanci il virus maledetto,
costringendovi a star nel letto.
Portate sempre la mascherina
che filtra l’aria pur se è fina;
che importa se abbiamo il naso,
un naturale grande vaso,
dove ogni male ch’è in campo,
vi entra e muore senza scampo.
Ma se lo dici, chi ci crede,
pur se dei saggi sei l’erede?
Oggi è questo che ci manca,
e la mente è molto stanca,
per ritornare ai tempi vecchi,
ricchi in cure e saggezza a secchi.
Un augurio grande e sincero,
è che la cultura torni, ma davvero!

(15 Gennaio 2022 – di Gian Piero Sbaraglia)

 

 

Anche nel Regno Unito esiste una realtà che coniuga le discipline artistiche alla scienza ed alla medicina, credendo fermamente negli effetti benefici della cultura: si chiama Culture, Health and Wellbeing Alliance e si trova a Barnsley, nel South Yorkshire. L’Associazione rappresenta tutti coloro che aderiscono a questa filosofia:

La creatività e l’impegno culturale possono trasformare la nostra società, possono contribuire a migliorare la nostra salute ed il nostro benessere

La Voce dei medici ha approfondito la loro missione in questo articolo

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